ALEKSANDER
DUBČEK
Aleksander Dubček nacque in Slovacchia nel 1921. Quand’era
bambino la sua famiglia si trasferì in Unione Sovietica. Rientrato in Cecoslovacchia
allo scoppio della Seconda
Guerra Mondiale, come membro del Partito Comunista combatté nel
movimento di resistenza contro l'esercito
tedesco. Dopo la guerra Dubček avanzò
gradualmente nella gerarchia del partito
e successivamente divenne segretario del Partito Comunista Slovacco.
Insieme alla
Polonia, la Cecoslovacchia fu il Paese dove si ebbero conflitti più accesi e il
tentativo più serio di ribellarsi al dominio dell’URSS. Nel 1967 intellettuali
e studenti cominciarono a premere per un “nuovo corso”, in grado di spezzare la
palude burocratica e corrotta in cui stagnava il regime guidato da Antoni Novotny.
Con
l’elezione di Dubček a capo del Partito
Comunista, iniziò il movimento che sarebbe poi stato definito “primavera di
Praga”. Furono avviate decise riforme
economiche e i primi seri tentativi di ripristinare le libertà democratiche. Il
nuovo programma comprendeva: la creazione di consigli di fabbrica per
l'industria; l'aumento per i diritti dei
sindacati di negoziare a nome dei suoi membri; il diritto degli agricoltori a
formare indipendenti cooperative.
Il 20 agosto
1968 il movimento fu brutalmente spazzato dall’intervento dei carri armati dei
Paesi aderenti al Patto di Varsavia. Nell’aprile 1969 i Sovietici imposero un
governo con a capo Gustav Husàk,
in un ultimo sussulto stalinista e totalitario.
Nel 1970 Dubček fu espulso dal partito e per i successivi diciotto
anni lavorò come impiegato in un cantiere di legname in Slovacchia.
Dopo il
crollo del comunismo nel novembre 1989, Dubček
fu eletto presidente dell'Assemblea federale.
Morì in un
incidente stradale nel 1992.
Valentina Negri & Arianna Ruzza