ANNA POLITKOVSKAJA

 

 

 

                                

BIOGRAFIA

 

Anna Politkovskaja nasce il 30 agosto 1958 con il nome di Anna Mazepa a New York, figlia di due diplomatici sovietici di nazionalità ucraina di stanza presso l’ONU.

Studia giornalismo all’Università di Mosca, dove si laurea nel 1980 con una tesi sulla poetessa Marina Cvetaevia.

La sua carriera inizia nel 1982 al famoso giornale moscovita «Izvestija», che lascerà nel 1993. Dal 1994 al 1999 lavora come cronista, come responsabile della Sezione Emergenze/Incidenti e come assistente del direttore Egor Jakovlev alla «Obscaja Gazeta», oltre a collaborare con altre radio e TV libere. Nel 1998, si reca per la prima volta in Cecenia come inviata della «Obscaja Gazeta» per intervistare Aslan Mashkadov, all’epoca neo-eletto Presidente di Cecenia.

A partire dal giugno 1999 fino alla fine dei suoi giorni lavora per la «Novaja Gazeta». Nello stesso periodo pubblica alcuni libri fortemente critici su Vladimir Putin, sulla conduzione della guerra in Cecenia, Daghestan ed Inguscenzia. Spesso per il suo impegno viene minacciata di morte.

Nel 2001 è costretta a fuggire a Vienna in seguito a ripetute minacce ricevute via e-mail da Sergei Lapin, un ufficiale dell’OMON (la polizia dipendente direttamente dal ministero degli Interni con emanazioni nella varie repubbliche russe) da lei accusato di crimini contro la popolazione civile in Cecenia. Lapin viene arrestato per un breve periodo e poi rilasciato nel 2002.

Il processo riprende nel 2003 per concludersi, dopo numerose interruzioni, nel 2005 con una condanna per l’ex-poliziotto per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti.

Proprio in Cecenia la Politkovskaja si reca molto spesso, sostenendo le famiglie delle vittime civili, visitando ospedali e campi profughi, intervistando sia militari russi che civili ceceni. Nelle sue pubblicazioni non risparmia critiche violente sull’operato delle forze russe in Cecenia, sui numerosi e documentati abusi commessi sulla popolazione civile e sui silenzi e le presunte connivenze degli ultimi due Primi Ministri ceceni, Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramsan, entrambi sostenuti da Mosca.

Nel 2003 pubblica il suo terzo libro, A Small Corner of Hell: Dispatches From Chechnya (tradotto in Italia con il titolo Cecenia, il disonore russo), in cui denuncia la guerra brutale in corso in Cecenia, in cui migliaia di cittadini innocenti sono torturati, rapiti o uccisi dalle autorità federali russe o dalle forze cecene. Durante la stesura del libro, la Politkvskaja si è avvalsa delle testimonianze anche di militari russi e della protezione di alcuni ufficiali durante i mesi più duri della guerra.

Nel settembre 2004, mentre si sta recando a Beslan durante la crisi degli ostaggi, viene improvvisamente colpita da un malore e perde conoscenza. L’aereo è costretto a tornare indietro per permettere un suo immediato ricovero. Si suppone un tentativo di avvelenamento, ma la dinamica dell’accaduto non verrà mai chiarita del tutto.

Nel dicembre 2005, durante una conferenza di Reporter Senza Frontiere a Vienna sulla libertà di stampa, denuncia: «Certe volte le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare».

In un saggio che verrà pubblicato postumo nel 2007, in una raccolta a cura del PEN American Center, dice di non considerarsi «un magistrato inquirente», ma piuttosto «una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo», dal momento che – continua - in Russia «i servizi trasmessi in tv e gli articoli pubblicati sulla maggior parte dei giornali sono quasi tutti di stampo ideologico».

 

L’ASSASSINIO

 

Anna Politkovskaja viene ritrovata morta il 7 ottobre 2006, nell’ascensore del suo palazzo a Mosca. La polizia rinviene una pistola Makarov PM e quattro bossoli accanto al cadavere. Uno dei proiettili ha colpito la giornalista alla testa. La prima pista seguita è quella dell’omicidio premeditato ed operato da un killer a contratto. Il mandante è ancora oggi sconosciuto.

L’8 ottobre la polizia russa sequestra il computer della Politkovskaja e tutto il materiale dell’inchiesta che la giornalista stava compiendo. Il 9 ottobre l’editore della «Novaja Gazeta» Dmitry Muratov afferma che la Politkovskaja stava per pubblicare, proprio il giorno in cui è stata uccisa, un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov. Muratov aggiunge che mancano anche due fotografie all’appello. Gli appunti non ancora sequestrati vengono pubblicati il 9 ottobre stesso sulla «Novaja Gazeta».

I funerali si svolgono il 10 ottobre a Mosca e più di mille persone –fra cui i colleghi e semplici ammiratori della giornalista - partecipano alla cerimonia funebre. Nessun rappresentante del governo russo però vi partecipa.

 

 

 

 

IN RICORDO DI ANNA POLITKOVSKAJA

 

Quelle di Cecenia: il disonore russo sono pagine di giornalismo vero, puro, non schierato, tranne che a favore dei diritti umani. Anna ci ha raccontato due guerre cecene da un angolo di visuale puramente popolare. I personaggi dei suoi episodi di guerra sono uomini piccoli, ma grandi eroi, donne cecene sfruttate e violentate, bambini e territori violentati da anfibi e coltelli di un popolo che combatteva e col quale Anna Politkovskaja si mischia, dandogli voce attraverso articoli taglienti come lame sulla «Novaja Gazeta», che hanno portato persone in galera e fatto traballare poltrone molto pesanti.

In una delle sue ultime dichiarazioni affermava: «Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa, né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto concludendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci».

 

RICONOSCIMENTI E PREMI

 

2001

·         Premio dell’Unione dei Giornalisti Russi.

·         Global Award for Human Rights Journalism (Amnesty nternational).

 

2002

·         Freedom to Write Award (PEN American Center).

·         Courage in Journalism Award (International Women’s Media

   Foundation).

2003

·         Lettre Ulysses Award.

·         Medalia Hermann Kesten.

 

2004

·         Premio Olof  Palme (assieme a Lyudmila Alekseeva e Sergei

   Kovalev).

 

2005

·         Premio per la Libertà ed il Futuro dei Media (Media City Leipzig).

 

2006

·         International Journalism Award.

 

2007

·         Premio Internazionale Tiziano Terzani.

 

BIBLIOGRAFIA

 

·         Cecenia, il disonore russo, 2003.

 

·         La Russia di Putin, 2005.

 

·         Proibito parlare, 2007.

 

·         Diario russo, 2007.

 

Francesca Canensi, Marta Crivellari,

Valentina Finotti & Vittoria Siviero