Premio Sakharov 1990

 

AUNG SAN SUU KYI

 

 

 

 

“Non è il potere che corrompe, ma la paura: la paura di perdere il potere”.

“La lotta per la democrazia e i diritti dell’uomo in Birmania è una lotta per la vita e la dignità. È una lotta che comprende le nostre aspirazioni politiche, sociali ed economiche”.

(Aung San Suu Kyi)

 

Aung San Suu Kyi (Rangoon, 19 Giugno 1945) è una politica birmana, attiva nella difesa dei diritti umani.

Sin da giovane si è imposta nella scena nazionale del suo paese, devastato da una pesante dittatura militare, come una leader del movimento non-violento, tanto da meritare i Premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del Premio Nobel per la pace nel 1991.

Recentemente il nuovo premier inglese Gordon Brown ne ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello di coraggio civico per la libertà.

Aung San Suu Kyi è la leader del principale partito di opposizione del Myanmar, la Lega Nazionale per la democrazia (LND), e ha passato gli ultimi sedici anni della sua vita agli arresti domiciliari, senza mai essere processata. Ha conosciuto pochi periodi di libertà, nel 1995, poi nel 2002, periodi sempre conclusi con nuovi arresti.

È figlia del generale Aung San, eroe nazionale birmano, che negoziò l’indipendenza della nazione dal Regno Unito nel 1947, e fu poi ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno.

La madre Khin Kyi, invece, dopo la morte del marito divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da assumere l’incarico di ambasciatrice in India nel 1960.

Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, ed ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967, ad Oxford, conseguì alcune lauree, rispettivamente in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia.

Continuò poi i suoi studi a New York e nel 1972 cominciò a lavorare per la Nazioni Unite. In quel periodo conobbe uno studioso di cultura tibetana, Michael Aris, che l’anno successivo sarebbe diventato suo marito e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim.

Ritornò in Birmania nel 1988 per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere e istaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar.

Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Suu Kyi sposò la causa del suo paese e nello stesso anno, in occasione di un grande raduno, decise di leggere in pubblico le norme morali di un esercito scritte da suo padre: “L’esercito è un’istituzione importante e significativa per questa nazione e per il popolo. Per questo le persone tributano onore e rispetto alle forze armate. Ma quando i soldati cominciano ad essere odiati dalla gente, significa che gli onorevoli scopi dell’arma potrebbero essere decaduti”.

Il mese successivo Suu Kyi divenne segretaria generale del partito LND, e nonostante le severe restrizioni del partito al governo, condusse un’intensa campagna attraverso tutto il suo paese. Tant’è che nel luglio del 1989 venne arrestata. Un arresto che ebbe un effetto prorompente sull’opinione pubblica: alle elezioni generali del 1990 il partito LND conquistò una strepitosa vittoria guadagnando 392 seggi sul totale di 485. Il partito SPDC ne prese solo 10, ma non abbandonò il governo, mise in carcere chiunque si opponeva alla sua politica ed iniziò un lungo periodo di dittatura.

Nell’anno successivo Aung San vinse il Premio Nobel per la pace, ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione a favore del popolo birmano.

Nel 1995 le furono revocati gli arresti domiciliari, ma rimase comunque in uno stato di semilibertà, non potendo lasciare il paese, perché in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche i suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando il marito Michael fu diagnosticato un tumore, che di lì a due anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso lasciandola vedova.

Nel 2002, a seguito di una forte pressione delle Nazioni Unite, ad Aung San fu riconosciuta una maggiore libertà di azione in Myanmar, ma il 30 Maggio 2003 il dramma: mentre era a bordo di un convoglio con numerosi supporter, un gruppo di militari aprì il fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista riuscì a salvarsi e fu rimessa agli arresti domiciliari.

Da quel momento, la salute di Aung San andò progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri.

Aung San Suu Kyi e la sua storia cominciarono ad interessare tutto il mondo, tanto che gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea iniziarono a fare grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari furono rinnovati nel 2005, nel 2006 e nel 2007.

Per quanto sta facendo per la causa del popolo birmano, alcune prestigiose università vogliono assegnarle delle lauree honoris causa per il suo grande impegno civile e per la difesa dei diritti umani e della pace.

Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio del 2008 il Congresso degli Stati Uniti le ha conferito la sua massima onorificenza: la Medaglia d’Onore.

Nonostante tutto questo Aung San Suu Kyi continua ad essere agli arresti domiciliari. Con la sua storia, questa donna è diventata un’icona della non-violenza e della pace, tanto che numerosi cantanti, tra cui Coldplay, Damien Rice, i R.E.M. e gli U2 le hanno dedicato brani musicali. Si veda, di questi ultimi, il brano intitolato Walk on. Per questo motivo è illegale importare in Birmania l’album All That You Can’t Leave Behind, in cui è contenuto il brano.

Democrazia, pace, e rispetto dei diritti umani: sono questi i pilastri fondamentali del pensiero politico di Aung San Suu Kyi. Accusata di essere portatrice di valori tipicamente occidentali ed estranei alla cultura locale, Suu Kyi dimostra come al contrario questi valori siano straordinariamente connessi alla tradizione birmana ed ai valori buddisti.

In un saggio intitolato
In Quest of Democracy il Premio Nobel scrive: “Dove non esiste giustizia non vi è pace duratura. [...] Le leggi giuste che salvaguardano i diritti umani sono il fondamento necessario della pace, della sicurezza e possono essere negate solo da menti chiuse che interpretano la pace come silenzio di tutta l’opposizione e la sicurezza come garanzia del loro potere. I Birmani paragonano pace e sicurezza con la frescura e l’ombra:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ombra di un albero è fresca davvero

L’ombra dei genitori è più fresca

L’ombra dei maestri ancor più fresca

L’ombra del governante ancora di più

Ma la più fresca di tutte è l’ombra degli insegnamenti di Bhudda.

Così, per garantire al popolo la frescura protettrice della pace e della sicurezza, i governanti devono osservare i precetti di Bhudda. Fondamentali per questi insegnamenti sono i concetti di verità, giustizia e gentilezza. È un governo basato proprio su queste qualità che il popolo birmano sta invocando nella sua lotta per la democrazia”.

Aung San Suu Kyi, sin dal suo primo famosissimo discorso alla Pagoda di Shwedagon, spiega che anche suo padre, l’eroe nazionale birmano generale Aung San, era favorevole all’ordinamento democratico. In quella occasione lesse alcune righe scritte dal padre:
“Dobbiamo far diventare fede popolare la democrazia; dobbiamo cercare di costruire una Birmania libera in conformità a questa fede. In caso contrario, il popolo ne soffrirà. Se la democrazia dovesse fallire, il mondo non potrà rimanere in disparte a guardare e quindi un giorno la Birmania verrebbe disprezzata come il Giappone e la Germania [fascista]. La democrazia è l’unica ideologia coerente con la libertà. È anche un’ideologia che promuove e rafforza la pace e quindi l’unica a cui dobbiamo aspirare”.

La Giunta militare che governa il Paese venera il generale Aung San come il padre della Birmania moderna, ma considerano la democrazia “un valore occidentale”. A questa preferiscono una alternativa locale, come una via nazionale al socialismo (via birmana al socialismo, sulla falsa riga della via cinese al socialismo) o alla democrazia, ma in questo caso solo “quando il popolo ne sarà pronto”. Aung San Suu Kyi sottolinea però che la strada della “via nazionale o locale al socialismo o alla democrazia può essere troppo facilmente manovrabile da episodi storici e valori sociali distorti, scelti accuratamente per giustificare la politica e le azioni di chi detiene il potere. ”In sostanza”, spiega il premio Nobel, porre l’accento sulla via nazionale ha “l’effetto di evidenziare la continuità culturale sia come metodo che come obiettivo; questo elimina la necessità di definire la democrazia o il socialismo in termini istituzionalmente o proceduralmente specifici e, infine, eleva l’élite politica esistente alla posizione indispensabile di arbitro e interprete definitivo di che cosa contribuisca o meno alla conservazione dell’integrità culturale”.

 

 

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Nella foto, Aung San Suu Kyi durante un comizio tenuto nell’Arakan d

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo la seconda liberazione.


Democrazia e cultura metropolitana


La capacità di giustizia dell’uomo rende possibile la democrazia, ma la sua tendenza all’ingiustizia la rende necessaria”


Secondo la Giunta militare birmana (che vede negli Stati Uniti lo stereotipo della democrazia tradizionale occidentale) il sistema democratico è portatore di valori egoistici consumistici, di una cultura metropolitana e della superpotenza.

Aung San Suu Kyi riconosce che sia negli USA che in altre democrazie avanzate si registrano questi fattori, ma li imputa più al materialismo moderno che alla democrazia. La cultura egoistica consumistica metropolitana, spiega il Premio Nobel, è figlia di un’eccessiva concorrenza economica, volta ad elevare il successo materiale per acquisire prestigio: “ne risulta una società i cui valori culturali e umani vengono accantonati e regna supremo il valore del denaro”.

Aung San Suu Kyi sa bene che il modello democratico occidentale non è perfetto, ma lo considera necessario, perché è l’unica risposta all’universale domanda di una forma di governo capace di fornire sicurezza senza soffocare la libertà. Se il potere è concentrato nelle mani di pochi, di un gruppo dominante senza opposizione, questo perseguirà necessariamente una politica volta a servire i propri interessi, cadendo nella trappola del materialismo e del desiderio di potere. Inoltre i poveri, che già difficilmente possono farsi sentire in una sistema democratico, sono completamente estromessi da ogni voce in un sistema autoritario.

Democrazia, quindi, perché necessaria a perseguire la giustizia, ma ricordandosi sempre che è l’uomo, non l’economia, il suo cuore pulsante.

Non è con il progresso economico che si arriva alla democrazia”

La Giunta militare birmana non ha ratificato il risultato delle elezioni del 1990 che vide la schiacciante vittoria delle opposizioni democratiche. I militari hanno motivato questa scelta con la giustificazione che il popolo non era ancora pronto a poter scegliere il proprio futuro. Hanno poi dichiarato l’intenzione di muoversi per l’avvenire verso istituzioni democratiche, ma hanno chiarito che per arrivare a questo traguardo è necessario in un primo momento privilegiare la crescita economica.

Aung San Suu Kyi critica in tutte queste decisioni della Giunta. Secondo il Premio Nobel considerare i cittadini incapaci di poter decidere del proprio futuro è offensivo nei confronti del popolo ed inoltre è deleterio sopravvalutare il potere dell’economia elevandola a “chiave che può aprire ogni porta”. Se si segue questo tipo di approccio, spiega Suu Kyi, “è naturale che il valore dell’uomo venga deciso, prevalentemente, o anche completamente, dalla sua efficienza quale strumento economico”. Questo porterebbe ad una contrapposizione rispetto alla ragionevole visione “di un mondo in cui istituzioni economiche, politiche e sociali lavorino per servire l’uomo e non viceversa”.

La visione economico-sociale del Premio Nobel è un sistema in cui “cultura e sviluppo si integrino per creare un ambiente in cui il potenziale umano possa realizzarsi appieno”. Una società, quindi, che privilegia lotta alla povertà, cultura, libertà, democrazia e diritti umani, economia e progresso, perché, continua, “non è sufficiente limitarsi a fornire ai poveri assistenza materiale. Devono esser messi in condizione di non considerarsi più sprovveduti e inefficienti in un mondo indifferente”.

 

Roberta Mancin, Anna Marangon & Linda Siviero