LUIGI PIRANDELLO - « IL FU MATTIA PASCAL »

 

 

 

RIASSUNTO

 

Mattia Pascal vive in un immaginario paese ligure, Miragno, dove il padre, che si era arricchito con i traffici marittimi e il gioco d'azzardo, ha lasciato in eredità alla moglie e ai due figli una discreta fortuna. A gestire l'intero patrimonio è un avido e disonesto amministratore, Batta Malagna, la cui nipote, Romilda, viene messa incinta da Mattia, dopo che questi non è riuscito a farla sposare con l'amico Pomino.

Mattia viene costretto a sposare Romilda e a convivere con la “vedova Pescatore”, la suocera, che non manca di manifestare il suo disprezzo per il genero, considerato un inetto. Tramite l'amico Pomino, Mattia ottiene un lavoro come bibliotecario, ma dopo un po' di tempo, scontento per il lavoro che trova umiliante e per il matrimonio infelice, decide di fuggire e di tentare l'avventura in America. Arrivato invece a Montecarlo e fermatosi a giocare alla roulette del casinò, in seguito ad una serie di vincite fortunate, diventa ricco. Deciso a ritornare a casa per riscattare la sua proprietà e vendicarsi dei soprusi della suocera, un altro fatto muta il suo destino: mentre è in treno legge per caso su un giornale che a Miragno è stato ritrovato nella roggia di un mulino il cadavere di Mattia Pascal.

Sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti ormai morto, può crearsi un'altra vita. Così, con il nome inventato di Adriano Meis inizia a viaggiare prima in Italia e poi all'estero. Infine, decide di stabilirsi a Roma in una camera ammobiliata. Si innamora, ricambiato, di Adriana, la dolce e mite figlia del padrone di casa, Anselmo Paleari, e sogna di sposarla e di vivere un'altra vita, ma presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia. Infatti, non essendo registrato all'anagrafe, è come se non esistesse e pertanto non può sposare Adriana, non può denunciare il furto subito da Terenzio Papiano, un losco individuo penetrato nella sua stanza per rubare del denaro, e non può svolgere alcuna delle normali attività quotidiane, poiché privo di identità e non tutelato dalla legge. Finge così un suicidio e, lasciato il suo bastone e il suo cappello vicino a un ponte del Tevere, con una lettera d’addio, ritorna a Miragno come Mattia Pascal.

Sono intanto trascorsi due anni e arrivato al paese, Mattia viene a sapere che la moglie si è risposata con Pomino e ha avuto una bambina. Si ritira così dalla vita e trascorre le sue giornate nella biblioteca polverosa dove lavorava in precedenza a scrivere la sua storia e ogni tanto si reca al cimitero per portare sulla tomba del “fu Mattia Pascal” una corona di fiori. Nella Premessa seconda (filosofica) a mo' di scusa il protagonista decide di mettere per scritto la sua strana vicenda: Mattia lascerà il manoscritto nella biblioteca dove aveva lavorato con l'obbligo però di aprirlo soltanto cinquant'anni dopo la sua terza, ultima e definitiva morte. Il consiglio di mettere per scritto il suo caso viene a Mattia da un suo amico bibliotecario, don Eligio.

 

LA LIBERTÀ INDIVIDUALE E L’IDENTITÀ

 

In questo romanzo si tratta il tema della libertà individuale, espressa attraverso il problema dell’identità; Pirandello afferma infatti, attraverso le vicende di Mattia Pascal, che un individuo non possa privarsi della sua identità, poiché ciò gli proibisce di vivere appieno la dimensione sociale dell’esistenza e di sentirsi riconoscere pieni diritti dalla legge e dalla società.

L’autore spiega, nel suo romanzo, il concetto di “trappola”, una convenzione sociale che spinge l’individuo a comportarsi nel modo in cui gli altri si aspettano da lui, in base alle situazioni che gli si presentano; per esempio, allorchè la moglie di Batta Malagna è messa incinta da Mattia, il legittimo consorte pretende, come risarcimento morale, che Mattia sposi Romilda, una sua nipote; il matrimonio di Mattia non è quindi basato su sentimenti veri, ma è semplicemente il frutto di una convenzione sociale.
La trappola sociale di Pirandello è dunque l’imposizioni di obblighi cui l’uomo deve mantener fede e che gli impediscono di essere se stesso, di essere una persona completamente realizzata nella sua dimensione interiore, libera di agire a propria discrezione. Mattia, per esempio, è costretto nel ruolo di marito oppresso dalla moglie e dalla suocera, poiché questo è quello che gli altri pensano di lui, e cerca la fuga per liberarsi di questa scomoda veste che gli altri gli hanno cucito addosso.

Privarsi della propria identità equivale però a limitare la propria libertà agli occhi della società che ci circonda; un individuo, per essere libero, deve essere riconosciuto e tutelato dalla legge. Non si può vivere “clandestinamente”, senza documenti ed un’identità riconosciuta, poiché questo non significa essere “liberi” in quanto svincolati dalle norme, ma solo dover in ogni caso rispettare le libertà altrui, mantenendo quindi i propri doveri, senza però essere protetti nei propri diritti. La libertà interiore dell’uomo, collegata alla sua identità e alla maschera che è costretto ad assumere per incarnare un determinato ruolo nella sua società, è dunque per forza determinata dalla libertà riconosciuta esteriormente dal contesto sociale e dallo Stato.

Il protagonista crede di liberarsi dalle aspettative altrui rinnegando il vecchio sé (facendosi credere morto, anche se per un caso fortuito) e cambiando identità, ma in realtà non fa altro che cambiare maschera, cambiare solamente questa sua immagine percepita dagli altri. Il vecchio Mattia Pascal muore e il nuovo, assunto il nome di Adriano Meis, si ritrova ancora una volta prigioniero, recitando una parte che egli stesso aveva scritto ma che a mano a mano si allontana sempre più dai suoi bisogni; ad esempio, durante un suo vagabondaggio a Milano, Mattia, o meglio Adriano, incontra un mendicante da cui vorrebbe acquistare un cagnolino, ma rinuncia a questa compagnia, poiché percepisce il possedere questo cucciolo come una limitazione della sua libertà.

Casella di testo: « Io [Mattia] intanto, avevo avuto il tempo di riflettere che, comprando quel cane, mi sarei fatto sì, un amico fedele e discreto, il quale per amarmi e tenermi in pregio non mi avrebbe mai domandato chi fossi veramente e donde venissi e se le mie carte fossero in regola; ma avrei dovuto anche mettermi a pagare una tassa: io che non ne pagavo più! Mi parve come una prima compromissione della mia libertà, un lieve intacco ch'io stessi per farle.

 
[...] m'allontanai, considerando però, per la prima volta, che era bella, sì, senza dubbio, quella mia libertà così sconfinata, ma anche un tantino tiranna, ecco, se non mi consentiva neppure di comperarmi un cagnolino. »

 

 

 

 

 

 


Adriano inoltre non si sente libero di intessere veri rapporti affettivi con persone cui sarebbe costretto a raccontare bugie sulla propria vita precedente: non potrebbe quindi farsi amare per quello che veramente è, in quanto gli altri apprezzerebbero solo un fittizio Adriano Meis che in realtà non esiste e che soffoca la vera personalità di Mattia Pascal.

Inoltre, la libertà comporta comunque degli obblighi. L'uomo non può vivere completamente svincolato da convenzioni e oneri, poiché senza questi non potrebbe usufruire dei vantaggi offerti dal proprio ambito sociale-affettivo; gli obblighi da sostenere sono dunque un aspetto necessario del vivere comune, nel rispetto della libertà propria ed altrui. Ne è prova la condizione di Adriano Meis; il "nuovo" uomo in effetti ha una grandissima libertà di decisione individuale: può fare praticamente tutto ciò che vuole, come viaggiare semplicemente seguendo il proprio momentaneo capriccio, perché ha disponibilità economica ed una nuova identità da creare e inventare come preferisce, a seconda di umore e situazione. L'onere di Adriano Meis, però, è di essere completamente estraneo alla società: la sua libertà ha origine dall’estraniazione dal tessuto sociale e quindi implica che egli ne resti escluso. Adriano infatti può viaggiare e conoscere il mondo, ma può offrire alle persone che incontra solo una conoscenza superficiale di sé: anche una semplice domanda generica, come il luogo di provenienza o il motivo del viaggio, implicherebbe una menzogna da parte di Adriano, che vedrebbe dunque costruirsi attorno una vita nuova fatta di bugie e falsità.

Per Pirandello, Mattia ha fatto il primo passo verso la totale eliminazione della trappola sociale e delle maschere che essa impone: le ha rifiutate ed è fuggito. Ma a questo punto Adriano compie un errore; l'obbligo che la sua libertà gli impone è troppo grande per lui: l'estraniazione totale di Adriano Meis dalla società è troppo dura da sopportare e si concretizza in un grandissimo senso di solitudine, tant’è che sente di non poter avere neppure un cagnolino come compagnia. Adriano alla fine cede e decide di ritornare nella società: si stabilisce a Roma, conosce delle persone, stabilisce dei legami affettivi, si innamora di nuovo. Contemporaneamente ricompare, accanto al problema sentimentale, dato dall'amore per Adriana, anche il problema economico, dovuto al furto di denaro che il protagonista subisce. Purtroppo, egli si trova addirittura nell’impossibilità di denunciare questo furto, viste le complicazioni dovute alla mancanza di documenti che si presenterebbero esponendo il fatto alla polizia. Appena Adriano rientra nella trappola della società, ecco che si ripresentano di nuovo, anche se allo stato embrionale, i problemi del passato: le difficoltà affettive ed economiche. Il protagonista inoltre si accorge che la sua nuova maschera, quella di Adriano Meis, è molto più scomoda da indossare che non quella di Mattia PaScal, dato che Adriano, un nome inventato, non può usufruire dei vantaggi che un'identità legale offre. Non può dunque sposare Adriana, non può denunciare Papiano per il furto, non può prendere parte al duello cui è stato sfidato. A questo punto il protagonista si accorge che, delle due maschere indossate, tutto sommato quella di Mattia era la migliore e che la sua libertà, che credeva un dono così grande, si è invece rivelata un grande onere. Decide così di lasciare la sua nuova maschera per ritornare alla vecchia, quella di Mattia Pascal. Al ritorno, purtoppo, una nuova situazione lo attende: Romilda, sua moglie, si è risposata con Pomino, il suo vecchio amico di infanzia. Così, anche la prima identità del protagonista, quella di Mattia Pascal, non può essere recuperata, perché una sua parte essenziale è mutata: la famiglia. Il protagonista deve quindi rassegnarsi a vivere lontano dal mondo sociale, dedicandosi al lavoro in biblioteca e alla stesura del racconto della sua vita.
Mattia, durante le sue avventure, ha capito che l'identità di una persona è qualcosa di fittizio, una convenzione imposta dalla società, che imprigiona l'uomo e non gli permette di essere se stesso. Il titolo è appunto
« Il fu Mattia Pascal », poiché, nel corso della storia, il protagonista si rende conto dell'inesistenza della sua identità, che alla fine del libro è "morta", perché non trova più il suo posto in quella società che lo reputa morto suicida e che ha reagito alla sua assenza provvedendo a coprire i “buchi” che aveva lasciato. Mattia capisce di non essere nessuno, poiché nessuno lo riconosce in quanto persona individuale, e che la sua presunta identità è dunque fasulla, dato che è semplicemente un’immagine che gli altri hanno nella loro mente, ma egli non riesce a rifiutare completamente il bisogno di avere un’identità. Non riesce a rinunciare al proprio nome, e quindi non può sfuggire completamente alla trappola sociale e alle maschere, perché le rincorre ancora, le sente come necessarie per far parte di nuovo della società, piombando quindi ancora nella trappola giuridica dell’identità legale. Nella parte conclusiva del libro, egli afferma « Io sono il fu Mattia Pascal »: l'uomo non sa più chi è veramente, poiché il Mattia Pascal conosciuto da tutti è morto due anni prima, e la personalità dell’attuale Mattia Pascal si è fortemente evoluta nel corso delle sue esperienze. Egli ha perso la sua vecchia identità, ma non sa cosa deve essere adesso, poiché i suoi compaesani continuano a considerarlo morto e non si preoccupano di restituirgli la sua posizione sociale, tant’è vero che la sua tomba non viene rimossa, ed anzi Mattia si reca spesso a porgere dei fiori.

Nonostante l’insofferenza dell’uomo, al di fuori della società e della trappola sociale è molto difficile vivere, perché si trovano molte limitazioni: l'organizzazione sociale offre dei vantaggi che la singola persona da sola non potrebbe ottenere, e allo stesso tempo impone delle convenzioni che, come l'identità, se non sono accettate, creano delle grandi restrizioni alle possibilità dell'uomo. Questa morale è espressa da Don Eligio nel cap. XVIII del libro: « [...] fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che siano, per cui noi siamo noi [...] , non è possibile vivere ».
Sfuggire al proprio ruolo fisso ha reso Mattia Pascal una nullità agli occhi degli altri; senza legge e documenti la sua libertà svanisce: la mancanza di quelle convenzioni a cui voleva sottrarsi gli toglie ogni possibilità di libero sviluppo personale. Per Mattia, la scoperta dolorosa è che l’identità è una convenzione necessaria nella nostra società; si crea così un paradosso: i vincoli (leggi, legami, convenzioni) fanno paura e danno una sensazione di prigionia, ma d’altro canto sono l’unico mezzo per avere la sensazione di vivere. È una contraddizione umana: il desiderio di libertà svincolata e assoluta entra in conflitto con il bisogno di legami che sembrano, però, apparentemente limitare l’uomo.

La scoperta di non poter esistere al di fuori di ogni norma e legge fa dunque comprendere a Mattia l’impossibilità della libertà assoluta, poiché questa non dipende da decisioni strettamente individuali; la nostra libertà è determinata nella misura in cui “gli altri” (la famiglia, la società, le leggi) ce la riconoscono. L’uomo è un “animale sociale” e pertanto deve intrattenere rapporti con il mondo esterno, siano essi giuridici, affettivi o puramente di convivenza.

Mattia stesso afferma:

 

Casella di testo: « Avevo già sperimentato come la mia libertà, che a principio m'era parsa senza limiti, ne avesse purtroppo nella scarsezza del mio denaro; poi m'ero anche accorto ch'essa più propriamente avrebbe potuto chiamarsi solitudine e noja, e che mi condannava a una terribile pena: quella della compagnia di me stesso; mi ero allora accostato agli altri; ma il proponimento di guardarmi bene dal riallacciare, fors'anche debolissimamente, le fila recise, a che era valso? Ecco: s'erano riallacciate da sé, quelle fila; e la vita, per quanto io, già in guardia, mi fossili opposto, la vita mi aveva trascinato, con la sua foga irresistibile: la
vita che non era più per me. »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La nostra identità, costruita in noi stessi e nella mente altrui, può dunque essere percepita come un impedimento astratto, ma in realtà è il fondamento e il presupposto di una concreta libertà civile e sociale; Mattia Pascal, divenuto libero grazie al suo nuovo sé, Adriano Meis, non può trovare un amico vero, perché è costretto a mentire sulla sua identità... Ma che libertà è questa, se impedisce di realizzare anche un semplice bisogno primario dell’uomo? Adriano non sarà forse nella “trappola” delle convenzioni sociali, ma si trova in un prigione di cristallo estraniata dal mondo: libero di essere chi desiderava, con il nome che voleva, ma imprigionato nella memoria di Pascal e delle libertà cui un vero uomo, riconosciuto dalla legge e dalla società, ha diritto; libero di essere, ma obbligato a non esserlo.

La libertà assoluta non può dunque realizzarsi svincolata dal contesto sociale in cui un essere umano è nato, si è formato, vive ed intesse relazioni personali che influenzano la sua personalità.