SHIRIN EBADI

 

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Nata nel 1947, è stata la prima donna iraniana nominata giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge all'Università di Teheran, è stata nominata presidente del tribunale dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 è stata costretta a dimettersi per le leggi che hanno limitato autonomia e diritti civili delle donne iraniane. Ha difeso le famiglie di alcuni scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999.

LA CONDIZIONE DELLE DONNE IRANIANE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I diritti delle donne non hanno avuto particolari miglioramenti di recente, però esse sono riuscite a cambiare alcune leggi a loro favore nell’ambito della custodia dei figli. Ma non basta: le donne continuano a lottare per ottenere maggiore libertà. Anzi, più la politica e i tribunali le ostacolano, più cresce il numero di attiviste.

Nonostante il 65% della popolazione universitaria sia femminile e le docenti siano numerose, così come le donne medico, ingegnere, avvocato, la loro vita vale metà di quella di un uomo; lo stesso dicasi per la testimonianza in tribunale.

Non esiste nazione in cui godano del rispetto totale dei diritti. Le diverse mansioni della donna – lavoro, famiglia, figli, casa – non consentono di esercitare appieno i diritti di parità.

La condizione della donna in Iran è pessima, come in tutta l'Asia. Le donne sono vittime e insieme portatrici, in quanto madri, di una cultura patriarcale tribale che non accetta la parità.

 

SHRIN EBADI

 

Attività

 

È stata tra i fondatori dell'associazione per la protezione dei diritti dei bambini in Iran, di cui è ancora una dirigente.

Nel 2000 ha partecipato ad una conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione in Iran.

Perseguitata a causa delle indagini che stava svolgendo, nel 2000 è stata sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999, materiale che secondo l'accusa «disturbava l'opinione pubblica».

 

Premi e riconoscimenti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 2003 è stata insignita del premio Nobel per la Pace. Un’onorificenza, la prima mai ricevuta da una donna musulmana, ottenuta grazie al suo impegno a favore dei diritti umani, delle minoranze, delle donne e dei bambini.

«Questo premio va a tutti gli iraniani che si battono per la democrazia» ha dichiarato Shirin Ebadi, sbalordita alla notizia del prestigioso riconoscimento.

 

Frasi memorabili a favore della libertà di pensiero ed espressione

 

Da Parigi, durante un breve incontro con la stampa, essa ha chiesto «la liberazione il più presto possibile» dei prigionieri iraniani «che lottano per la democrazia e la libertà».

«La cosa più urgente», ha proseguito, «è che la libertà d'espressione sia rispettata e che le persone che si trovano in carcere per le loro opinioni siano immediatamente liberate».

«Al governo iraniano chiedo di essere uniti e combattere per i diritti umani nel Paese» ha aggiunto la giurista, che ha ricordato come la situazione non sia facile in Iran, dove ci sono «leggi e norme che sono contrarie ai loro diritti».

Quindi ha affermato che l'Islam non è «incompatibile con i diritti dell'uomo» e si è pronunciata contro quasiasi «intervento straniero» perché i diritti umani non devono essere imposti dall'esterno, ma devono essere conquistati all'interno del proprio Paese. «Non ci appoggiamo a paesi stranieri, ci reggiamo sulle nostre gambe, non vogliamo che siano gli stranieri a imporre i diritti umani [...] Non cambierà granché nella mia vita, ma sarà un'ottima cosa per il mio lavoro in favore dei diritti umani e dei cittadini in Iran ed è un bene per la democrazia e soprattutto per i diritti dei bambini in Iran».

 

 

Michela Garbin, Valentina Occhio,

Marta Sponton & Diletta Zennaro