Adria

 

Didactical path

Sant'Angelo in Vado

 

Second year

 

Freedom of conscience

 

RELIGION

 

Italian

L’obiezione di coscienza degli operatori sanitari

 

La dottrina morale cattolica sull’obiezione di coscienza per quanto riguarda gli attentati contro la vita umana è stata autorevolmente riproposta dall’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Le leggi ingiuste, quali

quelle che rendono legale l’aborto o l’eutanasia, «non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza», quando ciò sia richiesto dai principi morali generali sulla cooperazione ad azioni cattive. «Rifiutarsi di partecipare a commettere un’ingiustizia è non solo un dovere morale, ma è anche un diritto umano basilare. Se così non fosse, la persona umana sarebbe costretta a compiere un’azione intrinsecamente incompatibile con la sua dignità e in tal modo la sua stessa libertà, il cui senso e fine autentici risiedono nell’orientamento al vero e al bene, ne sarebbe radicalmente compromessa. Si tratta, dunque, di un diritto essenziale che, proprio perché tale, dovrebbe essere previsto e protetto dalla stessa legge civile. In tal senso, la possibilità di rifiutarsi di partecipare alla fase consultiva, preparatoria ed esecutiva di simili atti contro la vita dovrebbe essere assicurata ai medici, agli operatori sanitari e ai responsabili delle istituzioni ospedaliere, delle cliniche e delle case di cura.

Chi ricorre all’obiezione di coscienza deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale».

Quanto detto da Evangelium vitae può certamente essere applicato, oltre che all’aborto e all’eutanasia, a tutte le azioni che attentano direttamente e immediatamente contro la vita umana: sperimentazione o manipolazione genetica che comporta la distruzione di embrioni umani, tecniche di procreazione assistita che ledono in modo diretto e immediato il principio del rispetto della vita umana, metodiche diagnostiche prenatali laddove fossero funzionalmente connesse all’aborto, ecc.

La messa a punto di farmaci direttamente abortivi quali la RU 486, il Norlevo, e di altri anticoncezionali o di prodotti come lo IUD che possono avere un importante effetto abortivo, anche se non esclusivo, pongono importanti problemi morali. Il finanziamento, la produzione e la commercializzazione di farmaci che hanno esclusivamente un uso e un effetto abortivo sono attività moralmente illecite, così come è moralmente illecita la ricerca scientifica che mira univocamente alla produzione di tali preparati farmaceutici. Con tali attività non è possibile collaborare. Si pone in particolare il problema per i ricercatori farmaceutici che hanno siglato un contratto di lavoro con un’industria farmaceutica prima che questa avesse preso la decisione di produrre farmaci abortivi e che, una volta presa la decisione, si vedono coinvolti nella ricerca per mettere a punto il farmaco. Tali ricercatori hanno il diritto e il dovere di porre l’obiezione di coscienza riguardo alla produzione dei farmaci abortivi, e quindi di chiedere di essere trasferiti ad un’area di ricerca moralmente accettabile. C’è da interrogarsi inoltre se sia lecito continuare a lavorare nella stessa industria. Il problema andrebbe ulteriormente approfondito, valutando se la permanenza del ricercatore in essa può avere degli effetti positivi, come sarebbe il caso se i ricercatori fossero in grado di influire positivamente sugli indirizzi di ricerca.