Il film

 

 

 

SCHEDA DEL FILM “PERLASCA, UN EROE ITALIANO”

 

 

Il film “Perlasca, un eroe italiano” ben si inserisce nel tema del Progetto Comenius sulla libertà di religione e sulla libertà di coscienza. Il tema della libertà di religione viene toccato in quanto tratta della persecuzione degli ebrei che, sebbene fosse iniziata come persecuzione della razza ebrea, ben presto, vista la labilità e la difficoltà di definire un tale termine, “la razza” ebrea,  venne ad identificarsi con la persecuzione di coloro che professavano la religione  ebrea. Il culto dell’ ebraismo era consentito solo nei ristretti confini del ghetto, e nel film ci sono almeno due scene in questo viene chiaramente visto.

 

 Più interessante è forse però il tema della libertà di coscienza esemplificato dal percorso interiore di Giorgio Perlasca che dall’adesione incondizionata al fascismo passa ad una riflessione critica su di esso e, quando si trova nelle circostanze narrate dal film, non esita ad aiutare e a salvare la vita a migliaia di ebrei a pericolo della sua stessa vita e in contraddizione alle leggi di quel regime che aveva appoggiato e per il quale era anche andato a combattere volontario in Spagna. Ad un certo punto del film Farkas, l’avvocato dell’ambasciata spagnola gli chiede com’era finito a combattere volontario in Spagna e Perlasca risponde: “Volevo combattere il comunismo; avevo letto che i comunisti bruciavano le chiese e sono partito.

 

Io credo che la gente abbia il diritto di pregare come e dove vuole e quello che pensavo allora delle chiese lo penso adesso delle sinagoghe. Questa frase esemplifica bene entrambi i temi di cui qui stiamo parlando, il diritto di ognuno di professare la religione in cui crede, ma anche il diritto di ognuno ad operare secondo coscienza quando le idee in cui ha creduto o che ha professato lo pongono in contraddizione con se stesso causando una crisi di coscienza.

 

SCHEDA FILM

TITOLO: PERLASCA, UN EROE ITALAINO

ANNO DI PRODUZIONE:2002

REGISTA:Alberto Negrin

NAZIONE: Italia

LINGUA: Italiano con sottotitoli inglesi.

DURATA: 123 minuti.

SCENEGGIATORI: Enrico Deaglio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli.

 

Il film “Perlasca, un eroe italiano” è stato girato dal regista Alberto Negrin nel 2002  ed è una co-produzione di Rai fiction, France 2 e Focus Film. Il film narra la vicenda reale, portandola alla luce dall’oblio in cui era caduta, di Giorgio Perlasca, un italiano che si trovava a Budapest per conto di una ditta italiana che importava carne per l’esercito italiano nel 1944, quando i nazisti ungheresi prendono il potere con l’aiuto dei tedeschi, e, spacciandosi per il Console spagnolo, riesce a salvare 5200 ungherese di religione ebraica.  La parte principale, quella di Perlasca, è interpretata magistralmente da Luca Zingaretti, uno dei più validi attori italiani dei nostri tempi, ma altri interpreti degni di nota sono Amanda Sandrelli nel ruolo di Madga Levi, un’ebrea ungherese, Franco Castellano, nel ruolo di Adam, un altro fuggiasco ebreo-ungherese, Giuliana Loiodice nel ruolo della segretaria dell’ambasciata spagnola Madame Tournè,  Jerome Hanger nel ruolo  dell’avvocato dell’ambasciata spagnola Farkas,  Mathilda May nel ruolo della Contessa ungherese Eleonora e  Gyorgy Cserhalmi nel ruolo del tenente nazista Bleiber.

 

Il film, come abbiamo detto, è ambientato in Ungheria negli ultimi mesi della II Guerra Mondiale, quando le Croci Frecciate, i nazisti ungheresi, prendono il potere con un colpo di stato appoggiato dai tedeschi e iniziano la persecuzione e deportazione in Germania di migliaia di ebrei ungheresi. Perlasca, che si trovava a Budapest come impiegato di una ditta italiana di Trieste che importava carne per l’esercito italiano, non avendo aderito alla Repubblica Sociale Italiana, ma essendo rimasto fedele al re, è ricercato dalle Croci Frecciate e cerca di fuggire. Viene aiutato da una contessa ungherese, Eleonora, che lo indirizza alla clinica del dottor Balsh, un suo amico medico che sta cercando di salvare la vita ad alcuni ebrei; qui anche Perlasca trova rifugio e viene in contatto con un gruppo di ebrei ungheresi, fra cui Madga Levi e sua figlia Lili. Scoperto dalle Croci frecciate e costretto di nuovo alla fuga, Perlasca si ricorda di un documento rilasciatogli dal Generale Franco come segno di gratitudine per la sua partecipazione alla guerra civile spagnola in cui si afferma che in qualunque momento e in qualunque circostanza ne avesse avuto bisogno avrebbe potuto avvalersi dell’aiuto della Spagna. Recuperato il documento, assieme ad altre sue cose e ai soldi della ditta per cui lavorava, si reca all’Ambasciata spagnola dove otterrà la cittadinanza spagnola, un regolare passaporto e una lettera d’accredito con qualifica di funzionario dell’ambasciata spagnola. E’ a questo punto però che Perlasca chiede anche una sistemazione per Madga Levi e sua figlia Lili in una delle case protette dell’ambasciata spagnola che godevano dell’extraterritorialità e in cui avevano trovato rifugio alcuni ebrei ungheresi (di queste case protette ne esistevano altre di altre nazioni quali la Svezia, il Portogallo, la Svizzera e la Città del Vaticano).

Da questo momento in poi, non riuscirà più a sottrarsi a quello che sente come suo compito, quello cioè  di salvare la vita a quanti più ebrei possibile. Quando un’incursione delle Croci frecciate nella casa protetta dell’ambasciata spagnola requisirà gli ebrei che avevano trovato rifugio in essa per deportarli in Germania, non esiterà a corrompere l’ufficiale addetto a questa operazione usando i soldi che la ditta per cui lavorava gli aveva dato per comprare  del bestiame, cosi come corromperà un altro ufficiale per strappare altri ebrei da una casa di tortura.  

Quando l’ambasciatore spagnolo lascia Budapest per riparare in Svizzera, dal momento che lasciare aperta l’ambasciata spagnola in Ungheria equivaleva a riconoscere di fatto il governo dei nazisti ungheresi, Perlasca non esita a fingersi Console spagnolo per proteggere gli ebrei delle case protette dalle incursioni delle Croci frecciate. In un incontro con il loro comandante,Vaina, riesce anche a strappare l’incolumità per tutti gli ebrei sefarditi (cioè di antica origine spagnola e a cui era stata concessa la cittadinanza spagnola con la legge Rivera del 1924 a risarcimento dell’esodo causato 400 anni prima dalla regina Isabella)  presenti nelle case protette spagnole in cambio dell’accredito di un diplomatico ungherese in Spagna. Ottenuta questa concessione, lui e la segretaria dell’ambasciata spagnola si mettono a scrivere quante più lettere di protezione possibile per cercare di salvare più ebrei possibile.

 

Anche quando Perlasca otterrà dall’ambasciatore spagnolo in Svizzera un lasciapassare per tornare in Italia, preferirà rimanere a Budapest nel tentativo di portare quanti più ebrei possibile con sé in Italia. A questo punto però la situazione precipita, poiché i Russi sono ormai alle porte di Budapest e la stanno bombardando pesantemente. La città è in preda all’anarchia. Alcuni potenti ungheresi cercano la salvezza scappando, alcune bande di nazisti scorazzano per la città  compiendo le ultime atrocità nei confronti degli ebrei. Perlasca viene a conoscenza dell’intenzione del comandante Vaina di minare le case del ghetto, di incendiarle e di uccidere gli ebrei che riescono a scappare mitragliandoli all’uscita dal ghetto. Perlasca riuscirà a sventare questo piano criminale patteggiando la salvezza degli ebrei del ghetto in cambio dell’incolumità che lui promette a Vaina e alla sua famiglia una volta che i Russi saranno entrati a Budapest (gli promette un salvacondotto per lasciare l’Ungheria e riparare in Spagna). Quando i Russi infine entrano a Budapest per Perlasca, dopo aver salvato migliaia di ebrei, è di nuovo tempo di fuggire perché né come italiano né come spagnolo è ben visto dai vincitori. Come gli dice il maggiore ungherese Gluckmar in una delle sequenze finali del film:” cambiano i vincitori, ma lei rimane sempre dalla parte degli sconfitti”. Particolarmente commoventi sono le parole con cui si chiude il film, pronunciate da Lili Levi, una delle bambine da lui salvate:

 

Fin dalla prima volta che lo vidi fare quello che faceva, ho pensato che lui fosse uno dei trentasei Giusti. E’ una storia della Bibbia che mio padre mi raccontava quando ero piccola; diceva che in qualunque momento della storia nel mondo ci sono trentasei Giusti ed è per loro che Dio non distrugge il mondo. Nessuno sa chi sono e nemmeno lo sanno loro stessi che però sanno riconoscere la sofferenza degli altri e se la prendono sulle spalle.”

 

 

Finito il film, vengono riproposte le battute finali dell’intervista che Giovanni Minoli aveva fatto al reale Perlasca in uno programma a lui dedicato dopo che le sue gesta, rimaste ignote per decenni, erano venute alla luce: “Vorrei che i giovani si interessassero a questa storia unicamente per pensare oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapersi opporre, eventualmente, a violenze di questo genere”.

 

 

Insegnante

Anna Bartolucci

ISTITUTO COMPRENSIVO DI

SANT’ANGELO IN VADO(PU) - ITALY