INTERNAZIONALE

 

 

Italia  : SI LEGGE SUL GIORNALE Il Corriere della sera : (23 marzo 2010)

 

·             Pakistan: cristiano muore arso vivo perché non si voleva convertire all'Islam

 

·         I CRISTIANI IN PAKISTAN - Queste istruzioni sono particolarmente opportune nel caso del Pakistan dove i vescovi denunciano che «in alcune aree del Pakistan i cristiani sono trattati come bestie, in condizioni di schiavitù, o sottoposti a vessazioni, violenze e conversioni forzate». Lo ha detto ieri padre John Shakir Nadeem, Segretario della Commissione per le Comunicazioni Sociali nella Conferenza Episcopale del Pakistan. Una situazione insostenibile, ha dichiarato il religioso all'Agenzia Fides, che invoca con urgenza «pressioni internazionali» perchè la soluzione al problema sta nella «democratizzazione reale del paese, che garantisca i diritti umani per tutti». «Il contesto in cui avviene questa sofferenza - ha spiegato il sacerdote - è una islamizzazione crescente, la diffusione di gruppi fondamentalisti, un quadro normativo che consente e legittima discriminazioni e anche atti di persecuzione, un governo debole, sottoposto al ricatto degli estremisti».

 

Diritti umani, la Farnesina in campo

CHIESTE INFORMAZIONI AI DIPLOMATICI PAKISTANI SUL CRISTIANO BRUCIATO VIVO IN PAKISTAN

Allertate le ambasciate per l'accertamento delle libertà di pensiero e di religione nei vari Paesi

ROMA - La Farnesina ha chiesto all'Incaricato d'Affari del Pakistan «di fornire quanto prima elementi di informazione sullo svolgimento del grave episodio e sulle misure che le autorità stanno intraprendendo per assicurare alla giustizia i responsabili» del drammatico caso di intolleranza religiosa per cui è statobruciato vivo un cristiano che non voleva abiurare alla sua fede.

 

ISTRUZIONI ALLE AMBASCIATE - Ma questa non è la sola mossa della nostra diplomazia per contrastare i sempre più frequenti casi di coartazione della libertà religiosa , in particolare nei confronti dei cristiani. Martedì scorso, 16 marzo, il Direttore generale del Mae Stefano Ronca ha inviato a tutte le ambasciate italiane nel mondo istruzioni precise per assicurarsi del rispetto dei diritti umani nei Paesi di accreditamento. La tutela della possibilità di poter esprimere la propria fede e il proprio pensiero e la tutela delle donne, saranno valutati come un criterio particolarmente importante anche per l’accesso ai finanziamenti tramite l’EIDHR, lo strumento finanziario della UE per la democrazia e i diritti umani. Ronca ha ricordato ai nostri rappresentanti all’estero che «recentemente, proprio prendendo spunto dagli attacchi contro le minoranze religiose - e in particolare quelle cristiane - registratisi in diverse parti del mondo, l'Italia ha sollevato, a più riprese, il tema della difesa della liberta' di religione e della tutela delle minoranze religiose in ambito UE».

BANCHE DATI E WEB - Dopo gli accordi raggiunti nella Ue tra novembre e febbraio, il Mae ha chiesto alle ambasciate 1) di «trasmettere tempestivamente» tutte informazioni sulla situazione dei diritti umani nel Paese di competenza; 2) di attivarsi perché le altre rappresentanze diplomatiche Ue e in particolare la Presidenza delle rappresentanze Ue facciano altrettanto; 3) di avviare iniziative di intervento presso le autorità locali, dichiarazioni pubbliche e con la creazione nel sito internet delle

 

 

 

Consiglio dei diritti umani, un maggiore rispetto per la libertà religiosa

Giustizia e dei Diritti Umani, in breve

Asma Jahangir , a Ginevra, sulla libertà di religione  (12/3/2010)

 

Prestare maggiore attenzione ai segnali precursori della discriminazione e della violenza esercitate a nome della religione per evitare che degenerino in conflitti: lo ha chiesto il relatore speciale dell’Onu sulla libertà di religione e convinzione, Asma Jahangir, nel suo intervento al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, riunito in assemblea plenaria a Ginevra. Tra quei segnali precursori, la Jahangir include leggi vigenti che discriminano apertamente i cittadini sulla base della propria appartenenza religiosa, stereotipi contro alcuni gruppi, attacchi sferrati contro luoghi di culto e impunità diffusa per gli autori di violazioni e crimini collegati alla sfera della fede. Il relatore ha anche precisato che promuovere la libertà di religione significa non solo autorizzare la pratica del culto ma anche proteggere i singoli cittadini dagli abusi che possono subire a nome della religione. Sui recenti fatti di Jos, in Nigeria, la Jahangir ha deplorato “violenze intercomunitarie ricorrenti che dimostrano ancora una volta l’importanza di tenere conto di segnali precursori – ha insistito – e di risolvere le cause alla radice delle tensioni religiose, che facilmente vengono manipolate dalla politica”. Infine, a proposito delle ultime polemiche sui minareti tra Svizzera e Libia, il relatore Onu ha bollato come “increscioso il fatto che società con alti livelli di ricchezza ed educazione abbiano apertamente espresso la loro avversione nei confronti di simboli religiosi nei luoghi pubblici”.